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Raccolta di poesie di Franca Donà
[ LaRecherche.it ]

I testi sono riportati a partire dall'ultimo pubblicato e mantengono la formatazione proposta dall'autore.

*

Il paradiso dei giusti

Il paradiso dei giusti                     (A Marina e Alberto)

 

 

Un campo consacrato, un tempio di papaveri

e l’erba alta che si dondola nel vento.

 

Li hanno visti insieme, lui fermo a metà viale

lei col fiato corto ed un sorriso giovane negli occhi

le rughe delicate disegnano sospiri e l’innocenza

garbata degli ingenui, dei folli puri al cuore.

 

Li hanno visti prendersi per mano

-non sono stati mai più belli-

splendente nel celeste e un Love sul petto

lui con la chioma argento e un bacio sulla bocca

un’aureola di fumo a far d’anello a una promessa

antica più del tempo, oltre alla più semplice realtà.

 

 

 

 

*

Chissà se ti rivedrò nel viale (ad Alberto)

Chissà se ti rivedrò nel viale

le rughe agli occhi a dire il sole

il mare mosso tra i capelli argento

una pacca in fronte sui pensieri

a smuovere quel tarlo d’intelletto

quel vento di follia, spostare quel sipario

resettare, forse nascere, rinascere

cantare ancora come nulla fosse

come tutti gli anni in questo posto

stessi passi stesse voci stessa botta

sulla fronte a dire basta, a dire sono.

A dire sono, sono un uomo

non ricordo se ho baciato

se ho fatto mai l’amore

quanti anni sono stato solo

fumo dentro l’eco d’una sigaretta.

 

 

 

 

*

Il luogo in cui ti porto

Affido al tempo la cura del dolore

un luogo tra parentesi, sul fianco

e quella costola spezzata col tuo nome,

un nome antico che galleggia al buio

e si fa strada nell’impronta della luce.

 

L’odore persistente delle rose

mi accarezza il viso, forse

sei già foglia ch’è ceduta al ramo

inutile cercarne l’ombra lieve

 

in questo luogo in cui ti porto

l’aria si fa tiepida, un ritaglio di sole

lo sguardo d’ogni inizio e d’ogni fine.

 

( a mia madre)

 

 

 

*

Saudade

Saudade       

 

Non si cancella sai, il volo delle rondini

il loro dire sui girotondi senza età

l’ebbrezza che non conosce ostacoli.

Ho dentro agli occhi il tocco delle ali

la metamorfosi che conta i cicli della vita

e scioglie i nodi stretti nella ruggine di ieri.

Sai, non conosce inganno il cielo

non mente all’emozione d’un rintocco

e mi sorprende ancora nell’alba consegnata

all’incanto dei bagliori, tra fiori stropicciati

dai rapidi profumi e la saggezza consacrata dell’ulivo.

Una conchiglia di luce mi racchiude

e assaporo l’ attimo – saudade-

mi sussurra azzurra l’aria

saudade – è nel volo delle rondini.

Forse sono rinata, ora,

e non sapevo d’esser morta.

 

 

da Fil Rouge - Edizioni Kanaga (2018)

 

 

 

 

*

La nostra, che non è poesia

E siamo d’aria, siamo solamente

il peso dei pensieri, uno sternuto

un tuffo nel passato, un volo a piedi

fermi in questa nostra vecchia nuvola

 

siamo memoria di cortili polverosi

tigli che odorano di storia, inni masticati

sotto bandiere stanche e scolorite, e nemmeno

l’eco dei padri a rimboccarci l’anima

 

siamo i primi passi sulla luna

da uno schermo in bianco e nero

i primi passi da figlio e poi maestro

stesso sguardo orgoglioso e la paura

 

siamo la bugia innocente per nascondere

il niente dimenticato e dell’andare al vento,

quel  rubare tempo al tempo per non morire

per noi che siamo fiato, e neppure poesia.

 

 

 

 

 

*

La primavera dei balconi

Saranno ancora rondini a cantare

oltre i confini grigi delle case

oltre il lamento, la preghiera

il pianto dei soldati sopra i carri

le bare senza fiori e senza croci

soltanto il buio a benedirne il viaggio.

Non ci sarà un ritorno, non ci sarà

un altro treno verso il mare, mai più …

ci toccherà aspettare primavera

restare dentro il nido e dal balcone

mandarci baci  tra lenzuola stese

come se fossero bandiere al sole

senza toccarci, da lontano eppure

non siamo stati mai così vicini.

 

 

 

 

*

Le arance di Valencia

Qui le arance dormono sugli alberi

e fiori viola cadono sulle vie roventi

mentre il cielo avvolge di colore

vecchie case dai muri screpolati

 

il traffico è da qualche parte

non qui non ora in questa calura

gli occhi chiusi, le persiane serrate

 

c’è un silenzio che racconta il tempo

un fruscio di sete e dita sui ventagli

voci che cantano di amori travagliati

di sangue e drappi rossi sulla terra ocra

 

c’è un silenzio di candele profumate

di cera sciolta lenta sull’altare

e sciabole di sole trapassano il rosone

sui capi chini nella sacra offerta

 

sale profonda la preghiera che non so

e mi congiunge al ventre antico della madre.

 

*

La verità degli anni

La verità degli anni conta i nodi

lo scricchiolio minuto delle ossa

e vene azzurre di mappature agresti.

 

Nella carne non ritrovo più me stessa

- non rinnego le mie rughe –

la morbidezza bianca dei fianchi

il bacio prolungato delle cosce unite

la confidenza di un libro aperto

le foglie maturate dentro gli occhi

 

il segreto della schiena quando è ombra

e non è mai l’ombra a farmi trasalire

ma questo mio dolore che sembra

essere solamente amore per la vita.

 

 

 

 

*

Il pianto dei violini

Il pianto dei violini

 

Sul terreno disfatto

gli alberi urlano la morte

divelti, falciati, strappati dal vento

viscere di fango e radici.

Scheletri incolori

sparsi tra le note dei violini

perse le foglie rosse dal sapore d’acero.

Usciranno dal camino

come ad Auschwitz

e  allora qualcuno sentirà

ancora Stradivari sopra i monti.

 

 

*

Un giorno nuovo

Al risveglio le rondini parlavano di sole

le ho seguite tra cirri e mollette colorate

i panni messi sul filo teso ad asciugare

svolazzanti acrobati del quotidiano vivere.

Oltre la geometria dei tetti,  simmetrie

di antenne ricordano foreste senza fiato

e fiori smorti attendono un saluto caldo,

un sogno lucido di mare su carta patinata.

E intanto crepitano le voci ai marciapiedi

lampeggiano le auto e i semafori alternano colori

le madri corrono, i baci ai figli fuori dalla scuola.

Scritte rosse parlano d’amore e d’anarchia

sui muri ed i vagoni appena svegli del metrò

nella coincidenza dei casuali incontri

il nuovo giorno celebra rinascite ed orrori

nel solito avvolgente odore di vita e di caffè.

 

 

 

 

 

*

Gioele assomiglia al padre

Gioele assomiglia al padre, dicono,

avrà forse  domani barba e baffi,

occhi scuri quelli sì, lo sguardo

dei camini accesi e visioni verdi

di cime bianche e ripidi sentieri.

Avrà un talento naturale a dove mettere

le mani e il cuore, un riflesso azzurro

di cieli senza nuvole in affitto.

Lo guardo muoversi nel mondo

con le ali appena schiuse, versi

in boccio come fiori appena nati.

Una finestra aperta di sorrisi è

la sua bocca, gorgoglia il fiato

ed io rivedo nell’abbraccio il figlio.

Forse,

domani conterà le rughe sul mio viso

ed io mi lascerò cullare come una bambina

perché sai, un figlio è padre, e il padre

è sempre figlio mio, oltre il tempo.

 

 

*

Il bianco delle cose

 

Torno spesso al bianco delle cose

la neve dei greppi, il muschio gelato

il fiato nell’aria e i fiori del pruno

nel vento che sfuma di rosa il ricordo

del lino sfrangiato e il latte col pane.

La curva del giorno nella bava di nebbia

il bianco del mio dente perduto, il primo,

e il sapore del sangue, la curva del viso

appoggiato alle mani e il primo quaderno.

L’abito bianco dei miei sette anni

con fili di seta e due dita d’amore,

nel profumo incantato dei gigli

e la cera di candele appassite all’altare.

Ho guardato fino a straziare gli occhi

il riverbero immutato della neve,

cercando nelle orme la logica dei voli,

il perché del tempo e delle sillabe lasciate

e non ho trovato nulla, solo bianco.

 

 

 

 

*

Quel pulviscolo di sogni

 

Ha risvegli di parole lucide, la pioggia

di strade lasciate a bagnarsi nella notte

mentre il cielo negli affanni delle nuvole

consuma le distanze tra i momenti più lontani

come se fosse soltanto lo schiudersi di ciglia

a misurare il tempo, o il fiato lasciato sospeso

a quella vecchia lampada sorniona con cui

ho diviso per anni la complicità dei miei silenzi.

Ritrovo in quel pulviscolo di stelle abbandonate

la lucidità del sogno tra le dune incantate del pensiero

mi perdo e mi rinnovo in quelle orme già vissute

con la carezza dei ricordi e il capriccio d’una nuova brezza

e  in controluce mi lascio rimirare come fossi l’alba.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Il tempo non ritorna

Il tempo non ritorna

 

Mia madre ha fatto la guerra

senza aver mai imbracciato fucili

col fiato di brina a buttarsi nei fossi

nel gioco imparato a salvare la pelle.

L’ha ricordato sempre quel rombo assordante,

gli aerei bassi sulla piana nebbiosa

e si correva tra stoppie annerite a cielo aperto

giù proni dentro al fosso senza respiro,

il freddo della terra e i cani a fiutar l’aria.

Sentiva i loro  passi, stivali alti e  lingua dura

cercavano ragazzi nascosti nelle stalle,

partigiani che avrebbero ammazzato,

guai a trovarli.

Li avevano nascosti, come il pane buono,

con l’odore dello sterco bruciato nei cortili vuoti.

*

Di quel cielo non è rimasto fumo

le mani a volte fermano un ricordo tra le dita

è solo un attimo,

il tempo non ritorna.

 

 

 

 

 

*

Giuda non è morto

 

Pioveranno botti e stelle, stanotte

nelle città blindate di cemento

si conteranno numeri all’indietro

le grida nelle piazze e dai balconi.

Sullo schermo auguri e i soliti sorrisi

discorsi studiati a tavolino e futili promesse

un anno si conclude, un anno nuovo è qui

eppure la poltrona è sempre quella, ricca,

tenuta bene al caldo e tramandata nella storia.

Scorreranno immagini a ricordare neri eventi

casette in legno su macerie innevate di vergogna

strade sporche di sangue, sporche di rifiuti, sporche …

mani mai lavate di uomini corrotti

- Giuda non è morto ancora -

sarà utile pregare, credere a una rivoluzione giusta

sciogliere i capelli, togliere le spine dalle mani

camminare sulle ceneri e dare un pasto ai poveri?

Sarà un giusto sogno credere alle favole

abbracciare l’uomo nero e piangere di gioia

dividere il mio pane e bere vino nella piazza

allungare la coperta e scaldare un poco il mondo.

 

 

 

 

*

Altro non è

sotto questo cielo nudo  
slego le ore

il tempo


altro non è
che un groviglio di vento.

 

*

Come la prima volta

 

Questo buio caldo di noi

questo buio che ci fa complici

e antichi amanti nel sacro letto,

di fianchi  nel movimento della ruota

e le dita un poco seduttrici e così amiche

che le conosci già da tanto, ormai,

eppure sono ogni volta nuove,

sul ventre e dove il cielo inventa il paradiso.

Di tutti i viaggi che non abbiamo mai viaggiato

nelle città e le arance tra i gelsomini,

solo la finestra aperta per immaginare il mondo, fuori,

e io qui, con le tue braccia di sempre attorno,

un poco esuberante per non sembrare vecchia,

le spalline scese per svelare appena

e fingere che il tempo da me non è passato

sui glutei rosa che mordi con le mani

e il fiato mi fa luce e storia

nella memoria di questa sera solo nostra

in cui ti amo, come la prima volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

Adesso è Natale

Ho fermato la neve ai vetri

il bacio sotto il vischio

mentre gli occhi bevono alle mani

lo scorrere di luci e il tempo

nelle ore sbriciolate dell’attesa.

Ho ascoltato il volo d’angeli,

il parlare delle stelle

e i profumi dei ricordi coloravano le gote

come rosse bacche d’agrifoglio.

Ho contato gli attimi

quando manca il respiro

e l’emozione è la magia d’una notte

è l’abbraccio, lo scricchiolio d’una carta dorata

quella mano, accanto alla mia

e la neve

che ora può anche arrivare

perché Natale è adesso.

 

 

 

 

 

*

La corsa degli alberi

Come corrono gli alberi adesso
nel disordine sparpagliato degli eventi
in via di fuga contro il mondo e poi
il vento cambia direzione, si piegano
alti i rami senza foglie, e attendono
come soldati in guerra gli spari dei cecchini.
Li ho visti sai morire tutti in fila
senza pietà o il preavviso di un’ultima sigaretta
falciati sulla strada, luci accese di Natale,
o sul ponte coi rintocchi del Big Ben.
Ho sentito l’eco delle grida, il sangue
sparso sopra a madre terra, e non ho compreso
il senso dell’eccidio, non ho visto alcuna differenza
di lezzo o di colore, rosso era per tutti uguale
sangue che non verrà lavato dalla pioggia,
sangue che vedrà spuntare ancora giorni
sotto il pianto saggio delle foglie
e l’inchino conscio e rispettoso d’altri alberi.